Dizionario Storico degli imprenditori in Sardegna

Volume secondo

Autore: Cecilia Dau Novelli e Sandro Ruju(a cura di)
Anno: 2015
Pagine: 392
Formato: 17×24
ISBN: 978-88-98692-29-3
Prezzo: € 23,00 (acquista online)
Note: immagini in b/n

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Dal libro

Sardegna e imprenditori (dalla prefazione di Cecilia Dau Novelli)

Sardegna e imprenditori non è un ossimoro, e neanche un raffinato accostamento per storici di elite ristrette. È piuttosto un angolo visuale originale e da sempre poco esplorato, forse nella persistente convinzione che la ricerca potesse portare ancor più delusione che risultati.

Con questo secondo volume, che chiude un progetto di lavoro durato quasi dieci anni, si offre a tutti un materiale organico, selezionato e ordinato, capace di contribuire almeno a scalfire convinzioni secolari. Dopo aver rintracciato e ricostruito la vita e l’impresa di 121 figure indicative dell’imprenditoria sarda, e avendone esaminate e accantonate almeno altrettante per la difficoltà di recuperare adeguata documentazione, si dovrebbe, infatti, convenire sull’oggettiva esistenza di un significativo fenomeno imprenditoriale in Sardegna, che si è generato ed espresso dalla fine del secolo XVII e che ha avuto la sua espansione più rilevante a seguito dell’integrazione piena dell’isola con il Piemonte e, ancor di più, dopo l’Unità d’Italia nel corso del Novecento. Un fenomeno che merita un’esplorazione certamente più ampia e completa, ma della quale questa iniziativa – promossa dalla già Facoltà di Scienze politiche oggi Dipartimento di Scienze sociali e delle istituzioni dell’Università di Cagliari, con il concorso di tanti valorosi studiosi e numerose Istituzioni che qui si devono pubblicamente ringraziare – costituisce senza dubbio più di un rilevante assaggio.

[…] Se si scende a osservare, a scrutare il tessuto di base della società isolana, i tanti microcosmi più o meno comunicanti che storicamente la compongono, allora non è difficile scorgere un brulichio di centinaia di profili e figure che progressivamente, nel tempo, si sono dedicate all’impresa, alla produzione, alla trasformazione e al commercio. «… e alla sella legò la bisaccia di lana grigia, entro la quale stavan le forme di legno col cacio fresco coperto di foglie d’asfodelo, e la ricotta e il recipiente del latte…». È viva ed efficace la descrizione, tanto didascalica e precisa, che ci ha lasciato Grazia Deledda, richiamando un pastore, forse meglio un servo-pastore, nella sua iniziativa primaria di raccogliere il prezioso prodotto e portarlo per il consumo e la vendita. Sembra quasi di vederlo, di immaginarlo, in movimento, magari anche solo disegnato con i tratti netti e decisi della matita di Maria Lai.

Certo non erano grandi imprese le prime iniziative dei produttori e venditori di formaggio, ma sicuramente di impresa si trattava per le diverse funzioni che coinvolgeva, per i movimenti che implicava, per l’economia che generava. Alcune migliaia di queste figure imprenditoriali elementari hanno poi rafforzato nei sardi l’idea stessa che anche loro potessero intraprendere in ogni campo e così è avvenuto. Dall’oro rappresentato dal formaggio, vera fonte di prima ricchezza e accumulazione dal basso, si è passati a tutti i settori delle risorse tipiche del territorio e dell’economia locale: l’olio, i marmi e le pietre di qualità, il sughero, le pelli, la lana, il legname, i metalli lavorati, l’oreficeria, la tessitura e la sartoria, il pane lavorato. Alle tecniche antiche del posto, come ovunque, si sono aggiunte tecnologie importate, modelli organizzativi più funzionali e razionali. Prima con la produzione di beni necessari per soddisfare in modo competitivo le esigenze del consumo locale, poi con la realizzazione di beni da esportare. […]

«La Sardegna è una terra arcigna. Non sorride che di scherno nel livido luccichio delle sue rocce nude e nel viso glabro dei suoi pastori … tagliata fuori dal continente e assolutamente isolata, essa si chiude nell’austera cerchia dei suoi monti gravi coprendosi di fitte gramigne e acuendo sempre più il suo rancore contro i responsabili del suo abbandono». Così un importante giornale politico nazionale, nel 1945, descriveva la situazione. Solo quindici anni dopo sarebbe iniziato il decollo della costa Smeralda che, non senza qualche contraddizione, ha pur rappresentato il vero traino dello sviluppo turistico dell’intera isola. La prima vera esplosione imprenditoriale si ha così nel secondo dopoguerra, a seguito del piano di rinascita e della spinta collettiva allo sviluppo che coinvolge anche la Sardegna.

Certo assai flebile è stata la capacità delle elite politiche, nei diversi tempi, di cogliere questi movimenti, questi processi innovativi dell’economia e della società locale, e di offrire risposte adeguate e lungimiranti. Salvo eccezioni si è lontani ancora dal cogliere il senso della lirica sferzata di Giuseppe Dessì che, nel suo capolavoro, ci propone la personalità di Angelo Uras, una sorta di imprenditore “collettivo” che contrasta in modo acceso quegli speculatori che, senza scrupoli, distruggevano i boschi invece di farne un uso economico più ricco e di lunga visione. […]

Perché l’impresa, ogni impresa, non è mai un fatto individuale, anche se la figura dell’imprenditore si staglia, come quella del capitano al timone della nave. È piuttosto la storia del suo legame con la famiglia, con i suoi collaboratori e le loro famiglie, con una o più comunità locali, con tutti i loro fornitori e clienti, con il territorio che lo circonda. È un destino comune che unisce tutti i partecipanti: se va bene, va bene per tutti. Ogni impresa, anche la più piccola, contiene una rete di legami, di idee, di saperi, di capacità, di sentimenti, di tecniche, di risorse svariate. Ricostruirne perciò la trama reale è l’esercizio necessario per poi trarne indicazioni particolari e generali, descrizioni e storie, analisi e valutazioni.

Iniziando a percorrere questo universo si sono intravisti anche aspetti storicoantropologici originali, che aprono a dimensioni di esplorazione di sicuro rilievo: fra queste vi è certamente quello della partecipazione delle donne sarde al fenomeno imprenditoriale. Oltre a Teresa De Rosa, Rita Denza, Francesca Sanna Sulis, Caterin’Angela Tola, e tante altre imprenditrici, vi sono le tante mogli, figlie, sorelle, nuore e nipoti: un protagonismo femminile che non solo non è assente, ma è invece spesso silenziosamente presente nelle diverse attività dell’impresa, nelle varie fasi dello sviluppo della vita familiare e aziendale. Un intreccio composito nel quale le donne hanno sempre un ruolo di primo piano. […]

Tutti profili che sono stati studiati e inseriti nel Dizionario si sono misurati con le linee gramsciane: hanno saputo creare un’elaborazione culturale e sociale superiore, assumendo un’efficace capacità dirigente, formando e organizzando la forza lavoro necessaria, utilizzando le tecniche e le tecnologie avanzate, inserendo nell’ambiente locale esperienze e saperi provenienti dall’esterno, costruendo reti logistiche e di trasporto essenziali per le catene di fornitura e di vendita. Hanno anche costruito palazzi e ville moderne, oltre ché opifici e stabilimenti, hanno aperto negozi moderni e lussuosi; hanno realizzato nuove forme e situazioni sociali urbane nelle città maggiori e in numerosi medi e piccoli centri di tutta la Sardegna. Hanno finanziato, spesso in silenzio, opere sociali e culturali. […]

Si è scritto che una società chiusa avrebbe impedito queste visioni, lo spirito del rischio, del cambiamento e dell’innovazione: quei «sardi solitari e immobili» duramente strattonati, con passione civile, da Emilio Lussu. Si è detto che l’invidia tra famiglie, tra pastori, tra piccoli villaggi, avrebbe dominato e paralizzato l’evoluzione auto propulsiva della Sardegna. Non vi è qui la possibilità di esplorare queste tesi, di separarne la positiva sferza che stimola dal giudizio che brucia senza prospettiva.

Dopo questo primo viaggio in una realtà sconosciuta, bisognerebbe dire che forse, più che dell’invidia, si dovrebbe parlare della paura. La paura dell’isolamento e del mare, il timore di costruire reti di relazioni aperte, extra isolane. La paura di modificare i confini arcaici conosciuti e sfidare dinamiche innovative in territori e situazioni diverse. Fin dalla metà dell’Ottocento gli imprenditori sardi hanno iniziato a confrontarsi e a superare questa paura, dimostrando a se stessi e alle loro comunità che l’obiettivo si poteva raggiungere, come tanti altri lo facevano in diverse parti d’Italia e d’Europa.

Una lezione tanto più preziosa nel tempo presente e in quello non semplice che si profila, dove la globalizzazione economica contiene anche lo stigma strisciante dell’omologazione sociale e culturale. Una lezione che lascia invece un bagaglio straordinario di diversità, di esperienze, di cambiamenti, di innovazioni. […]

Note sull’economia sarda dall’Ottocento al Piano di Rinascita (dall’Introduzione di Sandro Ruju)

[…]

Il secondo dopoguerra e il piano di Rinascita

Se si analizzano i risultati della Commissione economica di studio per la Rinascita della Sardegna elaborati nel corso degli anni Cinquanta, si può notare una sostanziale continuità delle analisi e delle proposte con i programmi che erano stati propri del cosiddetto sardo-fascismo; del resto, se si eccettua il problema della malaria, che era stato risolto grazie all’intervento della Fondazione Rockefeller, gli altri nodi strutturali della Sardegna non erano di molto cambiati rispetto agli anni Trenta.

L’asse dei ragionamenti era imperniato sulla valorizzazione delle risorse locali, anche se vennero espressi orientamenti divergenti. Ad esempio il professor Loriga, nel corso del Convegno nazionale delle Camere di Commercio che si svolse a Cagliari nel 1954, si era schierato a favore di un possibile sorgere di grandi complessi industriali (tra i comparti su cui puntare indicava il tessile e la meccanica), piuttosto che puntare sulle piccole e medie imprese legate alla trasformazione dei prodotti locali.

Nel corso degli anni Cinquanta nel settore primario confluirono consistenti investimenti  (per un totale di 280 miliardi di lire) provenienti dalla Regione e dalla Cassa del Mezzogiorno, oltre a un più ridotto volume di investimenti privati.

L’agricoltura era dunque considerata ancora il cardine dei progetti di sviluppo, tanto che il Rapporto conclusivo prevedeva di concentrarvi più dell’80 per cento del totale dei finanziamenti. Ma nel frattempo la Casmez era passata da una linea finalizzata in prevalenza al contenimento dell’esodo agricolo a un’impostazione orientata a favore dell’industrializzazione e dei cosiddetti poli di sviluppo. Presentata generalmente come una linea influenzata dalle esperienze straniere del periodo interbellico (in particolare la statunitense Tennesse Valley Authority), questa posizione aveva in realtà un forte aggancio con gli approcci già seguiti dallo Stato italiano (sia nell’epoca di Nitti che durante il fascismo).

Anche in Sardegna il Gruppo di lavoro recepì questa svolta della politica meridionalistica determinando in modo netto le scelte politiche successive56. La prima legge regionale di incentivazione industriale (Legge regionale 22 del 1953) aveva intuito la necessità di puntare sulle attività innovative e sulle esportazioni, ma nella sua applicazione fu poi largamente travisata tanto che (stando al giudizio di chi ne ha studiato la successiva applicazione) «questi due nodi fondamentali dello sviluppo

dell’industria regionale risultano ancora oggi irrisolti».

Manca uno studio sistematico sul ruolo svolto nel primo decennio della sua attività dal Credito industriale sardo, che comunque apparve ai più insufficiente a far fronte alle aspettative di sviluppo in una fase in cui l’isola era nuovamente segnata dal fenomeno dell’emigrazione. Dal solo Sulcis-Iglesiente emigrarono in pochi anni quasi 30.000 persone (vale a dire circa il 20 per cento dei residenti), proprio mentre cominciava il boom turistico, particolarmente concentrato in Gallura.

L’introduzione delle navi-traghetto sancì di fatto la fine della barriera doganale naturale rappresentata dal mare. Ed è proprio a partire dagli anni Sessanta che si verificò una crisi progressiva di numerose attività industriali endogene, proprio mentre il Credito Industriale Sardo, il cui statuto prescriveva di privilegiare la piccola industria concentrava la maggior parte delle sue risorse a favore di un’industrializzazione imperniata sulla grandi imprese nei settori di base.

È noto, in particolare, come la SIR (Società Industriale Resine) seppe aggirare i paletti posti dalla legislazione per gli incentivi e i finanziamenti agevolati creando una varietà di società solo artificialmente distinte e autonome. Il CIS, assecondandone i piani di espansione in totale sintonia con l’IMI, si trovò poi coinvolto nella crisi finanziaria del gruppo milanese, resa manifesta e aggravata, alla fine del 1977, dall’avvio dell’inchiesta giudiziaria, che di fatto impedì il completamento dei massicci piani di investimento in corso a Porto Torres e Assemini nei quali erano impegnati alcune migliaia di operai delle imprese d’appalto.

Per concludere mi sembra giusto segnalare che nell’elenco provvisorio della fase di avvio di questa ricerca figurava anche il nominativo di Nino Rovelli, uno dei protagonisti della cosiddetta “guerra chimica” di cui la Sardegna è stata uno dei principali campi di battaglia. Poi, riflettendo, si è deciso di non inserire né lui né Angelo Moratti, fondatore della Saras, la raffineria sorta a Sarroch nel 1964 e ancora in piena attività. Questo perché la strategia che ha guidato questi due industriali lombardi era (e nel caso della Saras rimane) esterna alla Sardegna: non a caso i centri direzionali di queste società sono sempre rimasti a Milano. Tuttavia è indubbio che le grandi fabbriche hanno inciso profondamente sulla struttura economica e sociale dell’isola.

D’altra parte un compiuto bilancio dell’esperienza dei poli di sviluppo, avviato già nel corso degli anni Settanta con una ricerca sul Mezzogiorno coordinata dall’economista Augusto Graziani63 e riaperto, per quanto riguarda la Sardegna, da un interessante e discusso saggio di Giulio Sapelli, è ancora da completare.

I personaggi presenti nel volume

  • Albano Vincenzo e De Rosa Teresa
  • Balduzzi Giovanni e Carmine Baudi di Vesme Carlo
  • Bornemann Johann Georg.
  • Bua Francesco e Pietri Giovanni Andrea
  • Castoldi Alberto
  • Cecchini Lepanto
  • Conti Vecchi Luigi e Guido
  • Costa Francesco e Antonio
  • Deida Filippo
  • Denza Rita
  • Deriu Onorato Ottaviano
  • Devilla Antonio
  • Devoto Giovanni
  • Doglio Stefano
  • Dolcetta Giulio
  • Fiore Salvatore
  • Giagu De Martini Angelo
  • Giordo Gavino
  • Grondona Attilio Andrea Aurelio
  • Hoeffler Walter e Carlo
  • Lodolo Edoardo Alberto Alfredo Luigi
  • Manai Angelo
  • Marchese Eugenio
  • Merello Luigi
  • Murgia Diego
  • Palimodde Giuseppe
  • Pesce Bartolomeo
  • Piercy Benjamin
  • Piercy Henry Egerton, Benjamin Herbert e Mameli Piercy Vera
  • Pirisi Sebastiano
  • Pirisino Pietro
  • Puddu Francesco
  • Rombys Salvatore Nicola
  • Rossi Mario
  • Rossi Salvatore
  • Sanguinetti Francesco
  • Sanna Giovanni Antonio
  • Sanna Garau Antonino, noto Antonio
  • Sanna Sulis Francesca
  • Scano Stanislao e Dionigi
  • Scassellati Mario
  • Sella Erminio e Vittorio, Mosca Edgardo Riatel
  • Selva Raniero
  • Semenza Gaetano
  • Siglienti Stefano
  • Stangoni Arnaldo e Alberto Mario
  • Tica di Sant’Ilario Giovanni Maria
  • Timon Antonio
  • Todde Deplano Francesco
  • Tomè Angelo e Giuseppe
  • Trois Francesco
  • Tuveri Giuseppe
  • Zedda Piras Francesco e Antonino

I collaboratori del secondo volume

  • Elisabetta Addis (Sassari 1955) insegna Economia Politica all’Università di Sassari e Politica e Economia del Welfare alla LUISS di Roma
  • Giampaolo Atzei (Carbonia 1974) dottore di ricerca in Storia contemporanea Università di Cagliari
  • Titino Bacciu (Ozieri 1946) studioso di storia locale
  • Manlio Brigaglia (Tempio Pausania 1929), storico
  • Tonino Budruni (Alghero 1952) studioso di storia di Alghero e della Sardegna
  • Antonietta Cherchi (1940) geologa, già docente presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Cagliari
  • Martino Contu (Cagliari 1965) presidente del Centro Studi SEAdi Villacidro
  • Cecilia Dau Novelli (Roma 1956) professore ordinario di Storia contemporanea Università di Cagliari
  • Paolo Fadda (Cagliari 1930) studioso di storia dell’imprenditoria
  • Giovanni Fiori (Sassari 1979) responsabile dell’Archivio storico della Provincia di Sassari
  • Federico Francioni (Sassari 1948) studioso di storia sarda
  • Manuela Garau (San Gavino Monreale 1973) assegnista di ricerca in Archivistica Università di Cagliari
  • Giovanni Gelsomino (Bortigiadas 1952) insegnante, giornalista e scrittore
  • Roberto Ibba (San Gavino Monreale 1981) dottorando di ricerca in Storia moderna e contemporanea Università di Cagliari
  • Maria Rita Longhitano (Quartu Sant’Elena 1969)bibliotecaria Camera di Commercio di Cagliari
  • Carla Marongiu (Cagliari 1955) funzionaria dell’Archivio di Stato di Cagliari
  • Silvia Martelli (Roma 1958) docente di lettere, studiosa di storia urbana
  • Maria Caterina Martinazzi (Sedini 1952) insegnante, studiosa di storia locale
  • Salvatore Mura (Sassari 1984) assegnista di ricerca nell’Università di Sassari
  • Giacomo Oppia (Alghero 1940) studioso della storia di Alghero
  • Alessandro Ponzeletti (Sassari 1978) storico dell’arte e studioso di storia sarda
  • Pasquale Porcu (Sassari 1950) giornalista de “La Nuova Sardegna”
  • Sandro Ruju (Sassari 1949) studioso di storia economica e sociale
  • Marina Saba (Sassari 1930) già docente di Storia contemporanea all’Università di Sassari
  • Giampaolo Salice (Cagliari 1978) assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Storia, Beni Culturali, Territorio Università di Cagliari
  • Daniele Sanna (Sassari 1970) dottore di ricerca in Storia contemporanea Università di Pavia
  • Walter Schoeneberger (Dillenburg 1944) studioso di storia locale
  • Rolf Schroeder, paleontologo, ricercatore onorario presso Forschungsinstitut und Naturmuseum Senckenberg di Frankfurt am Main (Germania)
  • Giovanna Sotgiu (Pontremoli 1944) studiosa di storia locale
  • Celestino Tabasso (Nuoro 1971) giornalista de “L’Unione Sarda”
  • Giorgia Tempesta (Macomer 1976) bibliotecaria presso Biblioteca comunale di Nuoro
  • Mario Matteo Tola (Sassari 1967) dottore in conservazione dei beni culturali e studioso di storia locale
  • Giuseppe Zichi (Sassari 1976) assegnista di ricerca Università di Sassari