Un piccolo assaggio del libro Il Giorno del giudizio

La presentazione di Giovanni Pirodda

Il centenario della nascita di Salvatore Satta è stata l’occasione per rivolgere una rinnovata attenzione all’opera di una personalità , della quale da tempo è accertata l’autorevolezza nel campo giuridico, ed ora sempre meglio si sta scoprendo la ricchezza e lo spessore dell’opera letteraria.

Eventi promossi per celebrare la ricorrenza e ricordare la figura del giurista-scrittore nuorese si sono ripetuti in questi anni in Sardegna, con iniziative differenziate per la diversità  dei promotori e degli scopi che essi

si sono proposti. Credo che tutte quante queste proposte siano da salutare con interesse e consenso, perché l’opera di uno scrittore vive, e resta viva, per la molteplicità  di suggestioni e punti di vista che è capace di suscitare.

E certo l’opera di Satta offre al lettore tematiche molteplici e profonde,  che richiedono esplorazioni complesse e modalità  di accostamento diversificate, anche sotto il profilo letterario.

Il convegno che si è tenuto a Cagliari dal 7 al 9 novembre 2002 (con un preludio nella serata del 5, di particolare originalità  e suggestività ) ha scelto come campo di riflessione l’aspetto letterario della figura e dell’opera dello scrittore nuorese.

Come appare sempre più evidente, l’esperienza letteraria di Satta è una componente tutt’altro che marginale, tutt’altro che secondaria della sua personalità  culturale. La sua inclinazione per le lettere è stata per lui un richiamo profondo e assai forte, che sentì per tutta la sua vita. La sua esistenza fu infatti segnata da ricorrenti esperienze di scrittura, dagli anni dell’adolescenza, quando scriveva poesie che inviava all’amico e collega

Giacomo Delitala, alla giovanile Veranda, al progetto di romanzo Caino, al De profundis, al grande romanzo degli ultimi anni. Scritture sostenute da impegnate e costanti letture delle maggiori opere della tradizione

letteraria italiana ed europea, favorite anche dal rapporto con la moglie Laura Boschian, studiosa di letterature slave. E merita ricordare che in un momento cruciale della sua vita, nel 1945, inaugurando la ripresa degli studi dopo la guerra all’Università  di Trieste (della quale era rettore) e raccomandando ai cittadini di Trieste la nuova Facoltà  di Lettere di cui era stato promotore, Satta esplicitamente e pubblicamente confessava «il perenne rimpianto che ho sempre avuto di non poter seguire le mie inclinazioni».

Credo che quanto più si approfondisce la sua personalità  e si medita sul significato della sua opera, risulta evidente che come sono importanti i suoi studi giuridici per comprendere non superficialmente l’opera letteraria, così gli interessi letterari hanno avuto un ruolo rilevante nel caratterizzare e nell’imprimere nuovi indirizzi al suo pensiero giuridico. Il carattere creativo e innovativo dei suoi lavori in questo campo, il suo

antiformalismo nell’affrontare i temi più scottanti del diritto, la sua capacità  e audacia nell’affrontare i problemi fuori da ogni schema, hanno certo come fondamento la sua vasta apertura culturale e la sua viva e profonda sensibilità  letteraria.

Non stupisce perciò che quando, nel 1970, la Facoltà  di Giurisprudenza di Genova attribuiva a Satta un alto riconoscimento in ricordo dell’opera da lui svolta in quella sede, le motivazioni del premio, oltre che ricordare i suoi meriti di studioso del diritto, e i contributi fondamentali e innovativi a questa scienza, si soffermavano concludendo sui suoi interessi letterari. «È lo scrittore – dichiarava il relatore – che ha estesa la sua opera dai campi strettamente giuridici ad altri settori dell’umano pensiero. Mi riferisco specialmente al grande piccolo libro De profundis, pubblicato alla fine del secondo conflitto mondiale, poco diffuso perché così ha voluto l’autore, ma che le future storie delle letterature italiane collocheranno all’alto posto

che gli compete». Le ragioni per un’alta collocazione di Satta nelle storie della letteratura italiana si sono moltiplicate con la pubblicazione del Giorno del Giudizio, e con il ritrovamento del romanzo giovanile La veranda. Ma anche i Soliloqui e colloqui di un giurista sono da considerare notevolissimi esempi di saggistica letteraria. E altri testi si auspica che possano essere conosciuti dai lettori: penso in particolare al ricco carteggio con l’amico Bernardo Albanese, che Satta intrattenne negli ultimi anni della sua vita, e che dai pochi brani che è stato dato finora conoscere, si prospetta di grandissima suggestione, oltre che umana, anche letteraria. «Queste lettere sono così importanti che bastano ormai da sole a ricostruire gli ultimi anni della vita di Satta: i suoi progetti, i suoi dubbi, i suoi sentimenti», afferma l’autrice di una recente pregevole biografia del nostro autore, Vanna Gazzola Stacchini, che definisce «preziosissimo» questo carteggio. Esse – continua la studiosa – sono «qualcosa cui egli aveva affidato la parte più significativa di sé fino a quel momento, in cui cioè non aveva ancora scritto il romanzo. Perché le sentiva dettate dalla parte artistica vera e profonda di sé che per tutta la vita aveva conculcato: vi sentiva circolare la propria poesia».

Per il particolare interesse che presentano questi temi, il Dipartimento di filologie e letterature moderne dell’Università  di Cagliari e l’associazione culturale “Portales” hanno promosso un convegno sull’opera letteraria di Satta, centrato in particolare sul Giorno del giudizio.

Gli organizzatori del convegno hanno individuato due filoni fondamentali per l’esplorazione dell’opera di Satta. Uno è quello della ricezione, del modo e dell’ampiezza della lettura delle sue opere, in particolare del Giorno del giudizio, che oltre che aver riscosso un vasto successo in Italia è stato tradotto in moltissime lingue, con accoglienze calorose e importanti riconoscimenti critici.

Ecco quindi che nel convegno sono state presentate relazioni che si propongono di mettere a fuoco i modi in cui è stato letto e compreso il romanzo, almeno nelle principali aree linguistico-culturali occidentali.

Altri interventi, sempre in questo filone di indagine, ci dicono come è stato tradotto il romanzo sattiano, quanto fedelmente o adeguatamente è stato trasposto in altre lingue un testo così ricco e complesso, anche dal punto di vista linguistico. Si tratta di argomenti che non interessano solo gli specialisti, perché il lavoro di traduzione è un modo tra i più fruttuosi per entrare nel cuore di un’opera, per saggiare la sua tenuta espressiva e coglierne i significati.

Ma la lettura di un’opera artistica, al di là  o prima delle valutazioni critiche, è innanzitutto un incontro con una realtà  umana, con un mondo suggestivo e affascinante, denso di impressioni e di emozioni. Da qui è nata l’idea di creare un evento originale, che ha avuto luogo nella serata del 5 novembre: in questa occasione il testo sattiano è stato letto e commentato musicalmente da interpreti d’eccezione. Alla bravura e alla sensibilità  ormai nota nel mondo di Paolo Fresu, e della violinista Sonia Peana, è stata affidata l’interpretazione musicale di alcuni brani del romanzo, in accordo con la loro lettura e illustrazione compiuta da Marcello Fois, un nostro scrittore di originale forza letteraria. Del resto è lo stesso Satta a suggerire una esperienza di questa natura, quando nel Giorno del giudizio afferma che «forse solo la musica nella sua astrattezza potrebbe rappresentare questa comunione di angeli o diavoli che sia», costituita dalla vita di una comunità  familiare, e del borgo «estatico» di Nuoro.

Questo evento ha preceduto di un giorno l’inizio degli incontri del Convegno, che hanno avuto luogo dal 7 al 9 novembre 2002, con le testimonianze di coloro che hanno conosciuto Satta, o che conoscono più in profondità  la realtà  nuorese a cui si fa riferimento nel Giorno del giudizio, oppure riprendono l’ottica con la quale Satta osservava e pativa dal continente i mutamenti che si verificavano nell’isola: è il caso della relazione di Tonino Mulas, presidente della Federazione della associazioni dei sardi in Italia.

Alle esplorazioni sulla ricezione – di cui si è detto – sono succeduti i contributi con i quali si è cercato di andare più a fondo, da vari punti di vista, nei testi sattiani. I relatori sono studiosi sperimentati e giovani ricercatori, e dal concerto delle loro voci sono nati nuovi stimoli e ulteriori spunti per leggere con rinnovato interesse l’opera di questo scrittore, certo tra i maggiori della nostra tradizione culturale.

Vorrei sottolineare, concludendo, che questo convegno, pur nell’attenzione ad aspetti anche tecnici dei testi, è stato guidato da quella stessa idea di letteratura che Satta enunciava nel discorso di Trieste del 1945, quando, nel momento in cui l’Italia ritornava alla libertà , affermava i fondamentali valori morali e civili posseduti dagli studi umanistici, con una significativa esortazione: «Non misurate col denaro ciò che gli studi umani possono dare, fate che essi non siano negletto privilegio di pochi, ma il patrimonio comune del popolo, perché in tal modo, e soltanto in tal modo, voi potrete affrettare l’avvento della vera, della liberatrice democrazia».