Gli altri occhi di Alina
Romanzo
Autore: Luciano Corona
Anno: 2013
Pagine: 200
ISBN: 978-88-95692-84-5
Prezzo: € 14,00
Note: disponibile da Ottobre 2013
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Il libro
Il titolo del romanzo Gli altri occhi di Alina nasce nel penultimo capitolo che riassume per molti versi il senso dell’intera storia. Il racconto percorre, in una successione diacronica di eventi, il filo esistenziale dell’autore, dall’infanzia all’età matura; un filo che, ormai spezzettato e reso quasi illeggibile dagli anni, è riannodato con disincanto, ma pure con emozione e curiosità quasi infantili. Alla tenera descrizione dei ricordi dell’infanzia vissuta nel paese contadino, “sa bidda”, fa seguito quella più dura del trasferimento per necessità economiche in un nuovo paese, del disagio di una adolescenza e una giovinezza vissute spesso nell’impossibilità di dare ali alla voglia di vivere. È un vortice di ricordi – qualcuno deformato non solo dalle nebbiosità del tempo – dal quale l’autore si fa trascinare. Nasce così un intreccio di realtà , fantasia, sogno, volutamente indistricabili che, al di là degli stacchi temporali, danno forma al presente, ricostruendo e reinventando il passato. Ne scaturisce una miscela di realtà e immaginazione che, nella sua amara ironia e nella sua incompiutezza, non offre risposte, ma lascia al lettore la libertà di coglierne i segnali e il senso.
La narrazione fa uso, soprattutto nei feedback, di tipiche espressioni sardo-campidanesi, con l’intento di rendere vivi i personaggi e dar voce ad un mondo ormai scomparso, ma che ha lasciato un’impronta indelebile nelle generazioni che lo hanno conosciuto.
Quarta di copertina
L’infanzia è l’albero maestro di quell’unico, originale veliero che è la propria esistenza. La sua, più che un veliero può paragonarsi a unu ciu intartarato di fango e di alghe e adatto ai lenti spostamenti nelle acque ferme, giù in qualche angolo di stagno costiero. Mai fatti grandi viaggi, solo voli pindarici. – Sei nato stanco! – era il complimento più frequente che riceveva dai fratelli. Eppure, seduto davanti alla finestra di questo lurido bar, con questa leggera brezza che porta aria nuova dal mare e leva d’attorno la puzza dei gas delle macchine, a Pedru pare di aver pure lui navigato. Chissà dove, chissà quando. Forse… certo! Nel rio Sinzias, in bidda, con qualche barchetta di carta, quelle che da bambini varavano eccitati sulla sponda, non appena il torrente ingrossava, con la speranza che almeno la propria avrebbe superato ogni ostacolo e raggiunto il mare aperto.