Mare Nostrum
Il colonialismo fascista tra realtà e rappresentazione
Autore: Alessandro Pes (a cura di)
Anno: 2012
Pagine: 272
ISBN: 978-88-95692-73-9
Prezzo: € 18,00
Note: Formato 16×23
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Il libro
Come è indicato nel titolo, il volume cerca di illuminare e spiegare le discrepanze tra la realtà della politica sociale fascista in ambito coloniale e la rappresentazione di essa attraverso la propaganda. Appare infatti rilevante sottolineare come la propaganda oltre che essere uno strumento di persuasione utilizzato dal governo fascista per diffondere tra gli italiani un certo modo di vedere e interpretare le vicende del mondo attraverso il filtro dell’ideologia di regime, fosse anche uno strumento che, consapevolmente o meno, costruiva il carattere del fascismo e degli italiani, mettendo in risalto quali caratteristiche dovevano essere accettate e quali atteggiamenti erano invece da censurare.
Per cercare di raggiungere il suo obiettivo, il lavoro descrive e analizza come il colonialismo fascista è stato rappresentato attraverso diversi punti di vista: i diari di viaggio di una turista britannica, i filmati dell’Istituto Luce, la propaganda coloniale nella Libia occupata. Queste rappresentazioni sono state poste successivamente in relazione con le politiche attuate in colonia per verificare quanta di quella costruzione discorsiva effettivamente sia stata tradotta in politica attuata dal fascismo nelle colonie, e quanta invece costituisse soltanto una parte della complessa e articolata retorica coloniale, genericamente definita come propaganda.
L’indice
- Prefazione [Cecilia Dau Novelli]
- Introduzione [Alessandro Pes]
- British Eyes on the Fascist Empire: il viaggio di Katherine Fannin nell’Africa orientale italiana [Alessandro Pes]
- La cultura coloniale della “rivoluzione fascista” [Gianmarco Mancosu]
- Ideologia e prassi della politica indigena fascista nella Libia pacificata (1932-1940) [Mauro Piras]
- La Libia: un esempio del colonialismo italiano [Maria Antonietta Nughedu]
- Bibliografia
- Gli Autori
- Indice dei nomi
Dalla prefazione di Cecilia Dau Novelli
Il colonialismo fascista cercò di edificare un impero, nel maggio 1936. Questa costruzione, tanto improvvisata quanto costosa, durò poco. Fu un impero di carta e di sudore. Di carta strappata da Mussolini alle aristocratiche tribù etiopiche per offrire al Re un titolo altisonante. Di sudore per lo straordinario impegno umano di centurie di poveri diavoli italiani, disoccupati, mandati a lavorare di pala e piccone con la promessa di un pezzo di terra al sole. Niente a che vedere con i ricchi imperi inglesi e francesi dove ai cittadini della madrepatria venivano assegnate concessioni minerarie, noli portuali e diritti di sfruttamento di risorse naturali, facendo lavorare la manodopera locale con poca spesa.
Il sogno di Mussolini faceva parte della rivoluzione fascista e del mito di una nazione imperiale. Un nazionalismo povero, alimentato da una visione violenta e aggressiva dello sviluppo sociale. Un nazionalismo che deviava le menti e corrompeva nugoli di diseredati in cerca di fortuna fuori da un Paese non ancora sviluppato. Una sbiadita fotocopia di quanto avevano già fatto le potenze europee negli ultimi vent’anni dell’Ottocento, e che si realizzava quando ormai quegli stessi imperi iniziavano a crollare sotto i colpi della forza centrifuga delle popolazioni locali. Il fascismo cercò di accrescere quello che lo Stato liberale aveva potuto solo avviare. La propaganda fascista tentò di presentare questi successi come un grande risultato collettivo, a cominciare dalla colonizzazione e popolamento della Libia, che furono effettivamente realizzate a partire dagli anni Venti. Per altro, l’attenzione primordiale verso la Libia – considerata da tempo immemorabile quasi una sorta di estensione del territorio italiano – sembra essere una costante quasi ossessiva anche nella più recente storia della destra.
Nel 1927 Tripoli fu presentata come una città moderna dotata di tutte le comodità : teatri, caffè-concerto, sale da tè, pranzi e cene danzanti e persino un piccolo casinò per il gioco d’azzardo. Dunque, le famiglie vi si potevano tranquillamente trasferire senza alcun timore. In quell’anno vi fu organizzata la prima Fiera coloniale propagandata in Italia con dovizia di particolari come il primo evento per la rinascita della nostra “Maggior colonia” che, sulle orme dell’Impero romano, avrebbe dovuto dare grandezza al fascismo.
Della Libia si sono occupati Maria Antonietta Nughedu e Mauro Piras, la prima con un saggio sul popolamento e la coltivazione della fascia costiera fertile che sarebbe dovuta servire a risolvere i problemi economici e sociali italiani. Il secondo con un lavoro sui successivi anni Trenta, che analizza la politica di pacificazione fascista imposta dal regime alle popolazioni indigene, improntata a una rigida separazione tra la razza italiana e quella araba, attraverso i documenti conservati presso l’Archivio Storico dell’Africa Italiana.
Dalla Libia, quarta sponda del Mar Mediterraneo, al Corno d’Africa il passo fu breve, soprattutto per lavare l’onta della sconfitta subita alla fine dell’Ottocento. Di questo allargamento si sono occupati Gianmarco Mancosu e Alessandro Pes. La propaganda fascista dipinse, senza alcuna remora, la conquista dell’Etiopia come una “guerra di popolo” condotta per soddisfare i bisogni elementari degli italiani. Mancosu ricostruisce la produzione ideologica del regime attraverso i cinegiornali Luce che in numero imponente accompagnarono l’impresa. Inquadrature addomesticate della campagna etiopica, facevano assomigliare a quelli italiani paesaggi in realtà brulli e ostili. Attraverso una progressiva italianizzazione del paesaggio l’Etiopia veniva così resa attraente e familiare. Infine Pes ha recuperato, presso i National Archives di Londra, gli interessanti resoconti dei viaggi che Katharine Fannin – moglie del sovrintendente generale inglese in Kenia – compì in Africa Orientale Italiana nel 1938 e 1939. Scopo delle descrizioni era quello di fornire un’analisi del modello coloniale italiano e di individuarvi i punti deboli per facilitare l’eventuale penetrazione delle truppe britanniche. Con acume e lucidità la Fannin – che ebbe un’occasione di confronto diretto con il Governatore Amedeo di Savoia – alla fine espresse anche un giudizio complessivo sul totalitarismo fascista superando i confini della vicenda etiopica.
Nel complesso questi studi aprono nuove prospettive sugli aspetti sociali del colonialismo fascista e sulla costruzione dell’identità italiana nel ventennio.
I collaboratori del volume
Gianmarco Mancosu è dottorando in Storia delle Istituzioni dell’Africa e dell’Asia presso l’Università degli studi di Cagliari. Nel 2011 ha svolto uno stage presso l’Ambasciata italiana in Etiopia iniziando una ricerca sulla cultura coloniale italiana e sulle sue memorie.
Mauro Piras è dottore di ricerca in Storia dell’Asia e dell’Africa all’Università di Cagliari (2012). Si occupa in particolare dei rapporti fra il regime fascista e il Mondo Arabo e del colonialismo italiano in Libia in epoca fascista.
Maria Antonietta Nughedu si è laureata in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari con una tesi di ricerca in Storia del Colonialismo dal titolo La colonizzazione della Libia tra memoria pubblica e privata.