Introduzione di Cecilia Dau Novelli e Sandro Ruju (3/5)

(l’architetto Giovanni Maria Cherosu, originario di Osilo), dovette occuparsi di gestire il teatro diurno ideato e costruito dal coniuge.

Una parte consistente degli imprenditori finora censiti sono vissuti nel periodo a cavallo tra la seconda metà  dell’Ottocento e la prima parte del Novecento, in una fase in cui gli effetti della rivoluzione industriale cominciavano a farsi sentire anche nell’isola e le distanze tra le varie regioni d’Italia non erano ancora nettamente delineate. Gli albori della storia imprenditoriale della Sardegna sono testimoniati dalle due Esposizioni che si svolsero rispettivamente a Cagliari e a Sassari nel 1870 e nel 1873 e dalla costante e coraggiosa partecipazione di alcuni imprenditori isolani alle maggiori Esposizioni industriali europee nei decenni immediatamente successivi. La rottura commerciale con la Francia del 1887 e la conseguente crisi dell’agricoltura, che ebbe effetti negativi anche sul nascente sistema bancario, determinarono però una fase di stagnazione dell’economia sarda.

Alla fine dell’età  giolittiana, in base alle stime di Vera Zamagni, le gerarchie territoriali a livello nazionale erano ormai già  consolidate, tanto che nel triangolo Genova-Milano-Torino si concentrava più della metà  dell’intero valore aggiunto industriale, mentre il Sud, compresa la Sicilia e la Sardegna,  esprimeva appena il 16 per cento [1].

Da parte di chi ha impostato questa ricerca non c’è una tesi precostituita rispetto alla questione problematica del rapporto tra i sardi e l’imprenditorialità . È probabile tuttavia che, quando sarà  completato, questo Dizionario possa consentire di sottoporre a una fondata verifica la tesi ricorrente secondo cui i sardi non hanno un’indole imprenditoriale: uno stereotipo, certamente non privo di qualche fondamento, anche se in parte è stato già  smentito dagli studi sull’associazionismo imprenditoriale in Sardegna pubbblicati negli anni passati [2].

Peraltro è vero che quasi un quarto degli imprenditori presenti in questo primo volume, non sono nati in Sardegna; e talvolta non erano neppure italiani. Costoro sono stati inseriti perché hanno scelto di operare nell’isola, tanto che sono diventati talvolta esponenti di primo piano del ceto imprenditoriale dei rispettivi territori: si possono citare qui, come esempi emblematici, i casi di Enrico Serpieri, di origine romagnola, e di Gervasio Costa, nato a Rapallo, che svolsero a lungo un ruolo di primo piano nelle Camere di Commercio di Cagliari e di Sassari.

Dalla Liguria proveniva anche Vincenzo Lombardi,  primo presidente della Camera di Commercio di Sassari (che come la sua consorella cagliaritana compie quest’anno 150 anni)[3]. Dalla stessa regione arrivarono nei primi dell’Ottocento gli Ardisson: per questo volume Alessandro Ponzeletti, che ha studiato sul piano dell’archeologia industriale l’omonimo antico stabilimento, ha redatto le voci su Agostino Ardisson e sul nipote Francesco, la cui attività  si è concentrata nel comparto oleario e in particolare nella lavorazione delle sanse.

Di origine piemontese era invece Filippo Birocchi imprenditore che operò nel campo del commercio e che successivamente, con l’ausilio del nipote Cesare Fantola, diede avvio alle terme di Sardara. Le voci su questi due dinamici imprenditori sono di Roberto Ibba, che ha curato anche il lemma relativo a Mario Mossa, il medico originario di Nuraminis che rilevò nel secondo dopoguerra l’importante struttura termale del Campidano.

Si devono a Martino Contu, studioso dell’emigrazione sarda in America Latina, le biografie di Antonio Crispo Brandis, medico nato a Codrongianos che fondò il Banco italiano in Uruguay, di Francesco Maria Scano, originario di Benetutti, e del guspinese Angelo Vaccargiu, che fecero fortuna nel medesimo stato sudamericano, operando rispettivamente nel comparto lapideo e nell’edilizia. Singolare è anche la storia di un altro guspinese, Giovanni Meloni, che a causa della sua militanza comunista dovette emigrare sotto il fascismo negli Usa, dove divenne un sarto rinomato. Di altri sardi che hanno fatto fortuna fuori dall’Italia, purtroppo,  sembrano essersi perse le tracce: ad esempio quasi nulla si sa, ancora, del cagliaritano Giovanni


[1] V. Zamagni, Dalla periferia al centro. La seconda rinascita economica dell’Italia 1861-1981, Bologna, Il Mulino, 1990, pp. 109-110.

[2] Cfr. Associazione Industriali della Provincia di Cagliari, Sovrintendenza archivistica della Sardegna, Settant’anni. La memoria dell’impresa, con saggi di M.L. Di Felice, F. Boggio, G. Sapelli, Cagliari, Gap edizioni, 1995 e ID., Uomini e industrie, con saggi di L. Del Piano, A. Sirchia, P. Fadda. Cfr. inoltre M. L. Di Felice, L. Sanna, G. Sapelli, L’impresa industriale del Nord Sardegna. Dai “pionieri” ai distretti: 1922-1997, Roma-Bari, Laterza, 1977. Molteplici notizie e riferimenti al mondo imprenditoriale sardo contiene inoltre il volume di P. Fadda, Per una storia dell’industria in Sardegna, Cagliari, Zonza editori, 2008.

[3] Cfr. G. Oppia, La Camera di Commercio di Sassari nell’economia della provincia, Sassari, Gallizzi, senza data, Quaderno n. 15 della rivista “Studi di Economia e Diritto. Bollettino degli interessi sardi”.